Già il titolo sembra un paradosso, ma in effetti quello di cui voglio farvi partecipe è il ricordo di una vacanza tragicomica e al tempo stesso piena e viva di grande sentimento ed emozioni.
Torniamo indietro ad agosto 2007, poche settimane prima (l’11 luglio) era nato d’urgenza il mio secondo figlio, Pietro, in anticipo di un bel po’ rispetto alla data prevista, ma per fortuna tutto si era risolto bene. Il consiglio dei medici era stato: “Appena fatti i controlli essenziali e iniziali, allontanatevi da questo caldo afoso cittadino”.
Ma come facevamo a partire il prima possibile? Avevamo appena comprato casa al mare perché ormai la famiglia era super-allargata con mamma, papà, Marta (di 3 anni), Pietro e Matilde e Leonida (i due gatti, al tempo di 4 anni), ma non era ancora arredata! Il mio scrupoloso ordine fatto presso quella famosa e amatissima azienda svedese che tutti conosciamo, prevedeva 40 giorni per la consegna e ciò voleva dire dover vivere da accampati per almeno una settimana prima che tutto fosse recapitato. Ma sì dai, ci siamo detti, si può fare, anche con un bimbo di 3 settimane.
Ed ecco così che grazie a due materassi sul pavimento, due elegantissimi scatoloni di appoggio sfruttati da comodini e un lettino pieghevole, abbiamo inaugurato la nostra casetta al mare. Certo eravamo un po’ accampati, ma era un inizio di vacanza bellissimo con il nuovo frugoletto tra le braccia che non faceva altro che mangiare e dormire e la sorellina felicissima di sguazzare tra le onde del mare e riempirsi di sabbia giocando a più non posso.
E non vi dico la grande soddisfazione quando, esattamente alla data prevista, alle 8.30 del mattino è suonato il citofono con i montatori armati di trapani, viti e bulloni che nel giro di quattro (dico quattro) ore sono riusciti a installare camera da letto, soggiorno e cucina (cosa che io e mio marito avremmo fatto altrimenti in un mese). Bene ho pensato, ora comincia il bello delle vacanze! Eh no, accidenti ma perché lo avevo anche solo minimamente ponderato? Sembrava proprio che me la fossi cercata. Eh sì, perché esattamente il giorno dopo, rientrando dalla spiaggia, abbiamo trovato la gatta Matilde che ci guardava con occhi tristissimi e languidi senza muoversi: la micia cicciona era caduta da un ripiano della cucina dove era andata a curiosare e si era fatta male a un’anca. La diagnosi del veterinario era stata impietosa: servivano punture e pastiglie per tre settimane. E io ero la prescelta ad adempiere a tutto ciò. Ho imparato così a fare le iniezioni a un gatto (da notare che non le faccio neanche agli umani) e a obbligarla a ingurgitare (proprio questo è il termine esatto) le pastiglie.
Nel frattempo, per non farci mancare nulla, Pietro aveva cominciato a fare il normale-bambino-di-un mese: quello cioè che si sveglia la notte e dorme di giorno. Ecco la cosa che ricordo come un incubo era quella: io e mio marito svegli a notti alterne a farlo mangiare e addormentare al ritmo di musica revival, tecno o rock… perché quello che non ho ancora detto è che la nostra casa è in Romagna e in quegli anni, proprio lì vicino, c’era una discoteca che apriva i battenti alle 00,30 e chiudeva alle 5!
A raccontarla così sembrano settimane da scalognati. Eppure quando ci ripenso, vivo ancora dentro di me un miscuglio di emozioni, sentimenti e gioie legate al fatto di essere comunque tutti lì insieme ad affrontare gli imprevisti e non, al fatto di vedere Pietro recuperare alla grande peso e colorito facendoci scordare la sua nascita improvvisa e frettolosa, e alla soddisfazione di avere una casa tutta nostra. Anche le crisi di gelosia di Marta erano qualcosa che creava ancora di più unione invece che nervosismo.
E poi non vi dico l’appagamento personale nel constatare che la mia amata gatta, grazie alle mie cure, stava sempre meglio. Grazie alle mie amate cure? Sapete cosa abbiamo trovato in fondo in fondo nell’angolo sotto il mobile portalavabo del bagno il giorno prima del ritorno a Milano quando abbiamo fatto le pulizie “di chiusura-casa”? Tutte le pastiglie che davo a Matilde e che lei furbescamente andava subito a sputare. Ma come? Eppure stava meglio…. Forse non proprio per merito mio, ma perché i gatti hanno veramente 7 vite!
Simona Bruscagin
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