Storie di mammeOre 6 di mattina: apro un occhio e guardo subito il video-interfono sul comodino. Matteo dorme ancora, è così sereno, sembra tutto tranquillo. Provo a rilassarmi e a immaginare che oggi sarà una bella giornata e tutto andrà bene.

Ore 6,20: sento un rantolo, so già cosa sta accadendo, corro in camera di Matteo, prendo la bombola di ossigeno e gli infilo la mascherina, il respiro riprende dopo qualche decina di secondi, i battiti sono accelerati come dopo una corsa, sta lentamente rinvenendo e io mi preparo a sdraiarmi sopra di lui se gli parte la crisi motoria.

Ormai ha 15 anni e anche se pesa solo 40 chili, non vi è altro modo per evitare che si faccia male o mi faccia inavvertitamente male. Dopo una decina di minuti si ferma e devo decidere se dargli o no i farmaci, perché gli potrebbe partire un cluster di crisi.Questo avviene 10-15 volte al mese. Agisco come un automa, non sbaglio un passaggio, so a memoria tutto quello che devo fare, ho il controllo totale della situazione. 

Ma vorrei tanto essere solo una mamma…Lo scorso mese abbiamo ricoverato Matteo per provare l’ennesimo cambio di terapia, senza sapere se la nuova avrebbe funzionato, ma soprattutto se avrebbe avuto effetti collaterali devastanti come già molte altre prima di quella, insomma un salto nel buio. 

Ho un sogno.Utilizzare le cellule neuronali ricreate in laboratorio da un campione della sua pelle per sperimentare l’efficacia dei farmaci in vitro e poi somministrarli a Matteo. E svegliarmi finalmente alle 6 di mattina, aprire gli occhi, guardare nel video-interfono il viso addormentato di mio figlio e aspettare senza timore il suo risveglio sapendo che la prima cosa che farà sarà sorridermi e abbracciarmi, perché la terapia farmacologica è quella giusta per lui.

Stefania Azzali

Stefania Azzali, mamma di Matteo, è Vice presidente di Ring14 Italia ONLUS, un’associazione nata dall'iniziativa di un gruppo di famiglie con bambini colpiti da una malattia genetica rara, provocata da alterazioni del cromosoma 14. Le conseguenze delle alterazioni sono devastanti. Avere la sindrome del cromosoma 14 (Ring 14) significa, per esempio, avere un ritardo psicomotorio, affrontare continui ed estenuanti ricoveri ospedalieri, spesso fin dalla nascita; operazioni chirurgiche; crisi epilettiche; sedute di fisioterapia e di logopedia.
Le famiglie dei bimbi affetti da Ring 14 e i loro medici attualmente hanno pochi strumenti a disposizione per ottenere un quadro completo di tutti i possibili sintomi della sindrome e delle terapie più idonee a trattarli. La diagnosi purtroppo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. E la cura ancora non esiste. L’associazione Ring14 sostiene le famiglie e la ricerca. Vuoi contribuire anche tu? Collegati al loro shopping solidale o effettua una donazione direttamente da sito web dell’associazione.

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