"La situazione della sua bambina è critica. Potrebbe avere sindrome di Down, problemi cerebrali o al midollo, magari vegetare su una sedia... valutate se sia il caso di tenerla o di abortire".
Queste le parole di piombo che ci siamo sentiti dire io e mio marito Roberto all’ecografia morfologica, da una dottoressa. "Ma lei precisamente da video cosa vede?" chiesi nonostante già sapessi che avrei tenuto la mia Gaia. La risposta fu che vedeva solo la schisi, cioè l'apertura del labbro. E questo a me parve decisamente poco per impedirle di nascere.
Da mamma non ebbi esitazione: volevo andare avanti nella gravidanza. Il mio cuore mi diceva che non c’era da aver paura. La vita, pensavo toccandomi la pancia, non può far paura in nessuna forma. E’ vita, punto. Fu mio marito che insistette per fare l’amniocentesi: era un esame invasivo, ma avrebbe consentito di escludere che a quell’apertura del labbro fossero associate altre patologie genetiche. L'amniocentesi confermò che Gaia aveva “solo” una schisi. Per il resto era sana, ma quel “solo” era pieno di insidie: cosa è una labiopalatoschisi? Che conseguenze fisiche sul volto avrebbe avuto? E la funzionalità del linguaggio sarebbe stata compromessa? I mesi successivi Roberto li passò su Internet. Davanti a lui scorrevano foto, definizioni mediche, testimonianze che da una parte davano risposte ai suoi dubbi e lo rassicuravano e dall’altra lo confondevano e turbavano. Voleva andare a fondo, capire cosa poteva avere nostra figlia, come sarebbe stata. In seguito mi ha confessato di aver sbagliato perché riversava la sua ansia su di me, che riuscivo a essere forte e persino felice di questa vita che mi cresceva dentro.
Le ricerche però servirono a individuare il Centro dove avremmo curato la nostra piccola. Saremmo andati all’Ospedale San Paolo di Milano dall'équipe del Professor Roberto Brusati. Alla visita conoscemmo la professoressa Giovanna Garattini e il professore, che avevano fondato il Centro Regionale per le Labiopalatoschisi. Parlando con queste persone competenti capimmo che la selva di ignoranza che c'è intorno alla labiopalatoschisi poteva uccidere molti bambini. Chissà quante persone, guidate da infondate paure, avevano interrotto la gravidanza per quella apertura di labbro e palato!
Quando Gaia è nata eravamo solo felici e la prima cosa che ha pensato il papà vedendola è stato: "Ma non è così grave!". Gaia è stata operata dal professore al labbro, al palato molle e le è stato raddrizzato il nasino. L'operazione è stata talmente perfetta che Roberto ha subito visto nella sua piccola Gaia anche la somiglianza con me. Io vedevo solo lo splendore dei suoi occhi. Come se i medici sapessero esattamente come sarebbero dovuti essere i suoi lineamenti. Era il 5 aprile del 2011 e per noi nostra figlia era nata la seconda volta.
Così abbiamo deciso di creare un Gruppo di sostegno Genitori Ti racconto un sorriso (www.tiraccontounsorriso.it): sul web abbiamo avuto l’appoggio di molte coppie che erano già passate attraverso questa esperienza e così abbiamo deciso di istituire un gruppo ufficiale, una semplice rete per i genitori dei piccoli operati al San Paolo, che serva a coordinare le informazioni realtive al reparto. Intanto al San Paolo nel settembre 2011 avveniva un grande cambiamento: grazie al protocollo d’intesa sottoscritto dalla Fondazione Operation Smile Italia Onlus con l'Azienda Ospedaliera, è stata inaugurata la prima Smile House italiana che si è fusa col centro Regionale per le Labiopalatoschisi portando tanti miglioramenti.
Presso la Smile House, che si trova al 9 piano blocco B dell’Ospedale, sono presi in cura gratuitamente pazienti con malformazioni congenite cranio- maxillo-facciali ed in particolare bambini affetti da labiopalatoschisi: vengono seguiti dalla nascita, nella fase operatoria, in quelle successive di terapia-riabilitazione logopedica e ortodontica e relativamente alle altre patologie correlate. Il trattamento prevede la presenza negli ambulatori di chirurghi, ortodontisti, otorini, logopedisti, psicologi che seguono contemporaneamente il paziente con un approccio multidisciplinare. E’ all’interno di questa nuova struttura che Gaia ha affrontato il secondo intervento al palato molle e gengiva nel 2012. Operata alle quattro del pomeriggio alle otto di sera già correva per il reparto! Attualmente sta facendo sedute di logopedia in Smile House e dai sei anni lo staff si prenderà cura anche dei suoi dentini. Vorrei che la nostra storia fosse da esempio a tanti genitori. Perché di questa patologia non si deve avere paura. Come ho sempre pensato fin dall’inizio la vita non può fare paura mai. È vita. Punto”.
Laura Maspes
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In oltre 30 anni dalla sua costituzione, la fondazione Operation Smile (www.operationsmile.org) ha effettuato oltre 240.000 interventi chirurgici gratuiti in favore di bambini e giovani adulti ed ha favorito, attraverso la formazione dei medici locali, lo sviluppo di un’autosufficienza medica nei Paesi più poveri, per la cura delle malformazioni al volto. In Italia Operation Smile (www.operationsmile.it, 06.85305318) è arrivata nel 2000 ed è attiva nella raccolta fondi per il finanziamento delle missioni internazionali e dei progetti sul territorio italiano, con una rete di più di 100 volontari, tra medici ed operatori sanitari. Nel settembre 2011, all'Ospedale San Paolo di Milano, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto dalla Fondazione Operation Smile Italia Onlus con l'Azienda Ospedaliera, è stata inaugurata la prima Smile House italiana. L’attività del Centro è sostenuta principalmente grazie a donazioni di privati ed aziende, sensibili alle problematiche ed alla sofferenza di questi bambini e delle loro famiglie. Per donare dei sorrisi basta un piccolo contributo.
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