Storie di mamme Alla madre di un bimbo arcobaleno”. Così titola un articolo dell’Huffpost ( http://www.huffingtonpost.it/heather-spohr/alla-madre-di-un-bimbo-arcobaleno_b_8430372.html?ref=fbpd) che mi è capitato sotto mano qualche giorno fa. I bambini arcobaleno sono i figli nati dopo un aborto spontaneo, dopo la nascita di un neonato morto o dopo la morte di un figlio appena nato. “Proprio come l’arcobaleno dopo una tempesta.” Anche io sono una madre di un figlio arcobaleno, anche se non amo le definizioni.

Non amo sentirmi dire che le figlie che non ho più siano speciali, oppure angeli, oppure stelle cadenti, meteore o qualunque altra cosa le definisca diversamente da ciò che sono: le mie figlie. Figlie come lo sono tutti gli altri figli che invece vivono, non meno speciali di quelle che non ne hanno avuto l’occasione. Così non mi piace essere definita e non mi piace che si definiscano i miei figli.

Però è vero: i figli che arrivano dopo un lutto perinatale, giungono in un contesto assai diverso da prima. Noi genitori siamo cambiati, anche i fratelli che hanno vissuto o lambito la morte lo sono.
Tuttavia stenta a mutare tutto ciò che è a contatto con noi, perciò l’approccio medico difficilmente tiene conto dell’apprensione e la sensibilità molto più accentuate di prima, le persone intorno a noi evitano di tenere conto del buio da cui veniamo e non danno peso al grande peso che portiamo, insieme alla gioia di un nuovo, spesso agognato, arrivo.

Nell’articolo che ho letto la gioia della nuova nascita si misura col senso di colpa. Un senso di colpa che io non ho sentito, ma che so esistere ed essere di sovente imponente. Quella colpa viene da molto lontano, un po’ dalla colpa di non avere saputo far vivere, poi dalla colpa di non soffrire soltanto della perdita, ma anche gioire della nuova vita che ha occupato il ventre fino a quel momento vuoto. Infine dalla paura di dimenticare. Si teme di dimenticare chi non c’è più, o di contribuire all'oblio degli altri, concentrando le proprie energie sul figlio in arrivo e distogliendole dalla sofferenza per quel figlio che non è arrivato o se n’è andato. 

Non ho avuto paura di dimenticare: in nessun modo potrei mai dimenticare il mio essere anche quelle due volte mamma! Non potrei mai dimenticare le figlie che ho custodito ben oltre la loro vita e per cui ho pianto più che gioito. Piuttosto è la paura che ha segnato la mia maternità successiva. La paura che ad ogni mio respiro il cuore di quel piccolo puntino nel mio ventre si sarebbe fermato. Il puntino è cresciuto e ha invertito la tendenza che ormai sembrava essere la costante nella nostra famiglia, ma la paura non è cessata. Il terrore di non sapere, di non potere intervenire, di non avere il controllo…Non si ha controllo sull’esistenza, ma raramente se ne ha coscienza.

Il puntino è cresciuto, è nato e ha respirato la nostra aria, ma la paura non è cessata. Ci sono voluti mesi perché riuscissi a chiamarlo per nome, tale era la paura di sentire la mia voce pronunciare un suono che da un momento all’altro avrei potuto udire mai più. Ci sono voluti mesi perché mi permettessi di dormire mentre lui dormiva. Ci sono voluti mesi perché mi accorgessi che dovevo e potevo ‘lasciarlo andare’, perché lui c’era, c’era davvero e la mia paura non avrebbe fatto la differenza sulla durata della sua esistenza.

Che sia il senso di colpa, oppure la paura, oppure l’inquietudine, voi che vi apprestate a diventare madri arcobaleno, non sentitevi strane, sappiate che sono sensazioni comuni. Parlatene, confidatevi, cercate sostegno: non siete voi impreparate alla nuova vita che cresce dentro di voi, è il mondo fuori da voi impreparato all’enormità che state vivendo. Se tutte noi definissimo arcobaleno i figli giunti dopo esperienze di perdita, ci riconosceremmo tanto numerose da sapere di non essere affatto sole.
La strada è ancora lunga verso l’accettazione sociale della morte perinatale.

Tuttavia questa strada possiamo tracciarla solo noi, madri di figli che non ci sono, raccontandoci e raccontando di quali e quante emozioni sia fatto il nostro percorso.

Erika Zerbini

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