“Mamma, ma se tutti riescono a fare i figli con la loro pancia, chi farà da mamma e papà ai bambini che ci sono già e che sono stati abbandonati?” Questa è la domanda che mi ha fatto un giorno mia figlia. In casa a pranzo si parlava di una coppia di amici in cui lei era finalmente riuscita a rimanere incinta dopo vari tentativi e tanta fatica. Mia figlia, adottata con l’adozione nazionale, mi ha presa alla sprovvista tra un boccone e l’altro. Lei sapeva bene di cosa stava parlando.
Mi chiedeva dei bambini come lei, anzi stava domandando anche di lei. Tradotta la sua domanda sarebbe stata: “Mamma, ma se tu facevi i bambini con la pancia, non mi avresti adottato e io sarei senza la mia famiglia”.
Cosa potevo risponderle? Che aveva ragione? Che tutti i bambini hanno il diritto di essere amati? Che è profondamente ingiusto che ci siano bambini che crescono senza l’amore di una famiglia? Che è difficile capire il mondo degli adulti? Potevo parlarle delle fragilità, degli sbagli, dell’egoismo dei grandi? Mi frullavano per la testa mille risposte, discorsi lunghi e complicati. Prendevo tempo intanto che masticavo, perché dovevo assolutamente trovare la parole giuste per lei.
Poi ho deglutito e ho detto: “Hai ragione, tutti i bambini devono avere la mamma e il papà. Dobbiamo fare qualcosa per aiutare chi vuole adottare un bambino. Più mamme e papà troviamo, meno bimbi saranno da soli, cosa ne dici?”. “Sì mamma! Cosa facciamo?”.
Aggiungo che sono mamma anche di un figlio arrivato con l’adozione internazionale, precisamente dal Vietnam. Quando ci siamo recati a Saigon a prenderlo, siamo stati nell’orfanotrofio dove nostro figlio viveva. Aldilà della gioia immensa di poterlo finalmente conoscere e abbracciare, anche se il cuore e le braccia erano finalmente piene di lui e di noi, i miei occhi hanno visto tutti gli altri bambini che ci guardavano. Al momento ero tutta presa da mio figlio, dalla mia famiglia finalmente riunita, dalle emozioni, dalla stanchezza del viaggio e del fuso orario, ma intanto quegli sguardi sono entrati dentro di me. Tornati in Italia gli occhi a mandorla di mio figlio mi facevano pensare a quelli come i suoi visti e lasciati in Vietnam. Ho pensato che gli stessi sguardi, le stesse attese e le stesse speranze sono quelle di tutti i bambini ovunque si trovino nel mondo. Non c’è differenza tra Asia o Africa, tra America o Europa, gli occhi dei bambini che sono stati abbandonati dicono questo: il bisogno di essere amati.
Noi adulti agiamo, scegliamo e decidiamo nel bene o nel male. I bambini, tutti i bambini, vivono (alcuni purtroppo subiscono) le decisioni, le scelte e le azioni degli adulti. Noi adulti siamo grandi, abbiamo la famiglia, abbiamo stabilità e camminiamo più o meno consapevoli verso il futuro. I bambini abbandonati, invece, sono appunto bambini, sono soli, non hanno certezze e davanti a loro quale futuro li aspetta?
Ecco perché è nata l’associazione Italiaadozioni, di cui ho l’onore di essere Presidente. Il nostro intento è quello di aiutare in tutta Italia chiunque a vario titolo incontri l’adozione: famiglie, maestre, pediatri, avvocati, etc. Siamo convinti, infatti, che più si parla in modo corretto di adozione e più si sostiene sia chi adotta sia chi è adottato, più persone possono avvicinarsi a questo cammino fecondo senza timori.
Ivana Lazzarini
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