Sono circa mille e cinquecento i bambini in Italia che non si avvalgono dell’istruzione pubblica né di quella privata: studiano a casa, seguiti dai genitori o comunque da educatori scelti dai genitori. Negli Stati Uniti gli homeschooler sono circa due milioni. 70 mila in Inghilterra, 3mila in Francia, 2 mila in Spagna. Alcune famiglie seguono orari giornalieri, utilizzando i testi e programmi scolastici, altre si affidano a un apprendimento più personalizzato.
Su questo metodo educativo però gli esperti sono divisi. Alcuni sostengono che i bambini e gli adolescenti abbiano bisogno di confrontarsi con un ambiente esterno e una forma autorevole alternativa ai genitori, ovvero gli insegnanti. È i di questo parere, per esempio, la dottoressa Miolì Chiung, psicologa esperta in disturbi dell’età evolutiva e dell’apprendimento, psicoterapeuta presso il Servizio di Neuropsichiatria infantile della Fondazione Don Carlo Gnocchi. Ecco cosa sostiene.
Sono circa mille e cinquecento i bambini in Italia che non si avvalgono dell’istruzione pubblica né di quella privata: studiano a casa, seguiti dai genitori o comunque da educatori scelti dai genitori. Negli Stati Uniti gli homeschooler sono circa due milioni. 70 mila in Inghilterra, 3mila in Francia, 2 mila in Spagna. Alcune famiglie seguono orari giornalieri, utilizzando i testi e programmi scolastici, altre si affidano a un apprendimento più personalizzato.
Su questo metodo educativo però gli esperti sono divisi. Alcuni sostengono che i bambini e gli adolescenti abbiano bisogno di confrontarsi con un ambiente esterno e una forma autorevole alternativa ai genitori, ovvero gli insegnanti. È i di questo parere, per esempio, la dottoressa Miolì Chiung, psicologa esperta in disturbi dell’età evolutiva e dell’apprendimento, psicoterapeuta presso il Servizio di Neuropsichiatria infantile della Fondazione Don Carlo Gnocchi. Ecco cosa sostiene.
"I bambini che non si approcciano al mondo della scuola e a un contesto sociale esterno alla famiglia subiranno le ripercussioni psicologiche ed emotive dovute all’incapacità di confrontarsi con la frustrazione e gli insuccessi. Saranno bambini iperprotetti da una figura familiare costantemente presente, incapaci di sperimentare la scoperta del mondo in modo autonomo. E la mancata conoscenza delle differenze sociali, economiche e religiose non permetterà loro di strutturare un pensiero critico. Circostanza imprescindibile per migliorare l'autostima dei bambini è quella di imparare a gestire gli ostacoli, i conflitti, i problemi attraverso strategie di problem solving. Un'altra chiave è quella di conoscere e accogliere la disabilità in un'ottica inclusiva, cosa che a casa non risulta possibile poiché mancano le condizioni necessarie per farlo. La scuola, nonostante le sue grandi pecche, è la prima palestra sociale per i bambini. Per permettere ad un bambino di crescere emotivamente, dobbiamo metterlo nelle condizioni di sperimentare tutto il corollario di stili comunicativi, relazionali e interattivi possibili".
Alcuni casi di cronaca nei Paesi anglosassoni hanno evidenziato come l’educazione parentale sia un escamotage utilizzato da alcuni genitori per proteggere i figli da episodi di bullismo, o dopo un’esperienza negativa con una scuola tradizionale: «Anche in questo caso mi sembra errato affrontare un problema come il bullismo evitando di mandare il bambino a scuola. Si tratta di una strategia che non fa che rimandare i problemi e che restituisce una visione errata sul come affrontarli. Molto più utile sarebbe battersi per interventi di prevenzione nelle scuole e corsi di formazione ad insegnanti e ragazzi sul rispetto reciproco e l’assertività », conclude la psicologa.