Un tempo i bambini li portava la cicogna. Oggi molti bambini li porta il mare. Li riversa su spiagge straniere e, se per tutti bambini del mondo il destino è ignoto, per questi lo è ancora di più. Su quelle spiagge potranno rinascere, come fossero partoriti una seconda volta. O potranno morire, come è successo ad Alan, il profughino siriano la cui foto ha fatto il giro del mondo. Alan aveva due anni, o tre, a seconda di quello che scrivono i giornali. La sua età non è certa, mentre è certa la fine della sua piccola vita. La sua mamma e il suo fratellino sono annegati con lui, resta un padre sconfitto.
Un tempo i bambini li portava la cicogna. Oggi molti bambini li porta il mare. Li riversa su spiagge straniere e, se per tutti bambini del mondo il destino è ignoto, per questi lo è ancora di più. Su quelle spiagge potranno rinascere, come fossero partoriti una seconda volta. O potranno morire, come è successo ad Alan, il profughino siriano la cui foto ha fatto il giro del mondo. Alan aveva due anni, o tre, a seconda di quello che scrivono i giornali. La sua età non è certa, mentre è certa la fine della sua piccola vita. La sua mamma e il suo fratellino sono annegati con lui, resta un padre sconfitto.
Voci commosse si sono alzate da ogni parte del globo ma, finite le lacrime, quelle vere e quelle di coccodrillo, sorge la domanda: che cosa si farà perché simili tragedie non succedano più? Il problema, a mio parere, non è politico, economico, sociale. Prima di tutto è umano. Politica, economia e istituzioni sociali vengono dopo, a trovare la soluzione. Ma poiché, ripeto, il problema è prima di tutto umano, qualunque siano le strategie che si adotteranno, per questa enorme folla di migranti, specialmente per i bambini, dovrebbe far da guida un pensiero materno.
Voci commosse si sono alzate da ogni parte del globo ma, finite le lacrime, quelle vere e quelle di coccodrillo, sorge la domanda: che cosa si farà perché simili tragedie non succedano più? Il problema, a mio parere, non è politico, economico, sociale. Prima di tutto è umano. Politica, economia e istituzioni sociali vengono dopo, a trovare la soluzione. Ma poiché, ripeto, il problema è prima di tutto umano, qualunque siano le strategie che si adotteranno, per questa enorme folla di migranti, specialmente per i bambini, dovrebbe far da guida un pensiero materno.
Una buona madre accoglie, cura, protegge le sue creature, ma le fa anche crescere fino a renderle libere.
Una buona madre non è ipocrita, distingue il bene dal male, corregge, o cerca di farlo, chi viene su storto, sa persino cacciare di casa il figlio che sbaglia. Ma non lo respinge a priori.
Una buona madre nutre il corpo e lo spirito di chi ha messo al mondo, quindi sostiene, comprende, dialoga.
Una buona madre si batte per la sopravvivenza dei suoi cuccioli, è pronta a rischiare la propria vita per loro. Ma perché loro, poi, diventino responsabili e vivano una vita onesta e dignitosa.
Ecco i Paesi ricchi, con la politica, l’economia e le istituzioni sociali, dovrebbero trasformare l’esodo che li sta investendo da una tragedia a un’occasione di vita responsabile, onesta e dignitosa. È impossibile? Almeno ci provino! A noi cittadini il compito di rivolgere a questa gente, che oggi sono i bambini del mondo, bisognosi di tutto, un pensiero materno.
Cipriana Dall’Orto, giornalista
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Chi dice mamma… deve stare attento a quel che dice