Nella comunicazione con i bambini ci sono parole e frasi che, anche se legate a un momento di stanchezza o esasperazione, dovrebbero essere evitate. Si tratta di espressioni forti che rischiano di condizionare la loro crescita, specialmente se ripetute assiduamente da un adulto di riferimento, come un genitore o un insegnante. Purtroppo gli esempi abbondano:
Sei un disastro!
Sei stupido?
Sei davvero un bambino cattivo!
Il problema di queste frasi sta nel fatto che esprimono un giudizio sul bambino nel suo complesso,
sulla sua identità, mentre l’intenzione di un rimprovero dovrebbe essere quella di riprendere il bambino su un suo comportamento specifico, su una singola azione, come ad esempio rovesciare il bicchiere di succo, rompere la vetrinetta con un gioco, tirare la coda al gatto o sbagliare un compito in classe.
Un bambino che si sente ripetere spesso che è un disastro, o che è pigro, o che non è portato per questa o quella cosa, potrebbe prendere queste parole alla lettera, iniziare a crederci e, a lungo andare, trasformarle nel modo in cui rappresenta se stesso, facendole diventare parte integrante della sua identità.
Invece, per aiutare i bambini a costruire un’immagine di sé positiva e brillante, è importante imparare a comunicare con loro evitando l’utilizzo di etichette negative.
Quindi, quando vedi tuo figlio mettere in atto un comportamento sbagliato, evita frasi che esprimano un giudizio sulla sua identità, e concentrati solo sull’azione. È ciò che ha fatto che è sbagliato; lui come persona va bene.
Facciamo un esempio concreto.
Correndo per strada, Martina è caduta sbattendo le ginocchia e si è procurata qualche ferita.
Il papà vuole rimproverarla per evitare che faccia di nuovo una cosa simile, ma in preda allo spavento, si lascia scappare una frase di troppo: Sei stupida? Ti ho detto mille volte di non correre per strada!
Con questa frase il papà ha emesso una vera e propria sentenza su Martina e sull’immagine di sé che la piccola si sta costruendo. Una buona alternativa sarebbe stata: Hai fatto una stupidaggine correndo per strada. È pericoloso, potevi farti molto male.
Hai notato la differenza? Nel primo caso, il papà ha detto Sei stupida, riferendosi all’identità di Martina. Mentre nel secondo, usando la frase Hai fatto una stupidaggine, si è riferito a una specifica azione della bambina.
In quest’ultimo modo la comunicazione è stata doppiamente utile. Il papà: ha detto a Martina che la sua azione è stata pericolosa e in futuro va evitata, e al tempo stesso ha evitato di ferire la figlia con le proprie parole.
Alessio Roberti, sociologo della comunicazione
Questo testo di Alessio Roberti è estratto dal libro Le parole per crescere tuo figlio, (Macro Edizioni)