“Mamma, mormora la bambina, mentre pieni di pianto ha gli occhi….”. Questa canzone, del 1928 (ma che era in voga fino agli anni ’50), parla di una mamma ricca e cattiva, che compra solo profumi per sé. Quando la bambina si ammala, la mamma, pentita, la riempie di balocchi, ma ormai è tardi, la bimba morirà e la mamma vivrà con il suo enorme senso di colpa.
Ebbene, se fosse vero che a uccidere Loris, otto anni, è stata sua madre, io mi immagino il piccolino mentre, sbalordito e incredulo mormora: “Mamma!!!”. Mamma, non farlo, mamma, proprio tu, mamma, ma allora… tu sei cattiva?”.
“Mamma, mormora la bambina, mentre pieni di pianto ha gli occhi….”. Questa canzone, del 1928 (ma che era in voga fino agli anni ’50), parla di una mamma ricca e cattiva, che compra solo profumi per sé. Quando la bambina si ammala, la mamma, pentita, la riempie di balocchi, ma ormai è tardi, la bimba morirà e la mamma vivrà con il suo enorme senso di colpa.
Ebbene, se fosse vero che a uccidere Loris, otto anni, è stata sua madre, io mi immagino il piccolino mentre, sbalordito e incredulo mormora: “Mamma!!!”. Mamma, non farlo, mamma, proprio tu, mamma, ma allora… tu sei cattiva?”.
“Mamma” è la parola che ognuno di noi, adulti compresi, pronuncia implorante quando stiamo male, abbiamo bisogno di cure, di aiuto, di conforto. La pronunciano in punto di morte anche persone che la mamma non ce l’hanno più.
“Mamma mia!” si esclama di fronte a qualcosa di spaventoso, inaudito, minaccioso. “Oh, mamma!”, è l’espressione che sfugge nei momenti di sconforto.
“Mamy” “Ma” “Mammetta”, è l’appellativo con cui ti chiamano i figli (soprattutto quando hanno bisogno di un favore).
In tutti questi casi “mamma” ha un’accezione buona. Per antonomasia sta per “la salvatrice”, cioè colei che è pronta ad affrontare difficoltà, avversità e pericoli pur di proteggere la sua creatura.
Eppure le mamme cattive esistono. Quelle che per egoismo ignorano i figli (come la signora della vecchia canzone), infliggendo ferite psicologiche che difficilmente si rimargineranno. Quelle che non li amano per vari motivi, perché non sono all’altezza delle loro aspettative, perché assomigliano troppo a un uomo che si odia, perché sono donne che non sanno amare, magari figlie che a loro volta non sono state amate. Quelle che, per fragilità psichiche di varia natura e origine, sono semplicemente “cattive”. E cioè capaci di compiere sui figli azioni delittuose, dai maltrattamenti fino all’omicidio, con freddezza e cinismo. La stessa freddezza e lo stesso cinismo con cui affrontano gli interrogatori, durante i quali non crollano, sostenute come sono da un’armatura di ferro che è, appunto, la cattiveria. “ Le persone cattive esistono”, mi disse un giorno uno psicologo, parlando di un caso del genere.
Ebbene, come possono stare insieme due parole intrinsecamente opposte, mamma e cattiveria? Possono, dobbiamo prenderne atto. Con orrore. Ma con realismo. Senza cercare giustificazioni assolutorie (perché, per usare una frase fatta, anche Hiltler avrà avuto i suoi problemi psicologici…).
Questa non vuole essere una condanna della mamma di Loris, nel momento in cui scrivo non ci sono prove certe né una confessione. E guai a cercare il colpevole facile, marchiando per la vita un possibile innocente. Perché anche l’ultimo degli uomini è innocente, fino a prova contraria. Ma il sospetto è legittimo. E soprattutto è legittimo sgomberare la figura materna dall’impalcatura retorica che la vuole sempre buona e perfetta. Anche le mamme sbagliano. E qualcuna sbaglia in modo irreparabile, purtroppo.
Cipriana Dall’Orto, giornalista
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